Come si può difendere un big player dalla minaccia della disruptive innovation? La possibilità di un prodotto di basso profilo, ma con approccio tecnologico diverso, che conquisti via via fette crescenti di mercato, è l’incubo dei CEO di tutto il mondo.
In un interessante articolo apparso su HBR nel maggio 2015, il CEO di Cisco, John Chambers, svela qualcosa della sua personale strategia di condotta.
Intuire la disruptive innovation
Innanzitutto un attento ascolto del mercato. Il momento stesso in cui ci si accorge della necessità di un cambiamento (ad esempio con Porter) a causa di un imminente market shift, è già troppo tardi. Bisogna anticipare il più possibile. Ed il metodo consigliato da Chambers poggia sull’ascolto dei clienti.
Il CEO racconta ad esempio che furono le chiacchierate con i dirigenti di Boeing e di Ford a fargli balzare in testa l’idea di fast ethernet. Questi importanti clienti gli manifestavano (in anticipo!) una necessità che poi sarebbe stata percepita dal mondo intero. Così Cisco acquistò Crescendo Communication e fece il salto.
E di salti Cisco ne ha fatti parecchi, partendo dai soli router, passando poi per il video prima da postazione fissa e poi verso il mobile, ed arrivando ai giorni nostri al cloud computing.
Ma come dovrebbe organizzarsi un’azienda, una volta avvertiti questi segnali di cambiamento?
Organizzarsi per il cambiamento
Chambers suggerisce tre modalità:
- se si è sufficientemente in tempo, se i segnali indicano un cambiamento imminente ma non ancora avviato, c’è forse il tempo di avviare un processo di R&D interno.
- se i tempi sono più stretti, si può cercare di attingere (se presente) al proprio bacino di investimenti e diversificazioni. Un’azienda orientata al cambiamento dovrà sempre disporre di elementi di rinforzo come incubatori, imprenditori cresciuti all’interno di propri finanziamenti. Si tratta di elementi “esterni” all’azienda (e quindi più veloci a mettere in moto il cambiamento, sia per forma mentale che per minore strutturazione interna) e tuttavia “vicini” all’azienda stessa per le modalità con le quali sono nati.
- per situazioni di estrema urgenza (leggi: se il cambiamento è già in atto) non c’è tempo per particolari strategie e l’unica soluzione possibile è l’acquisizione.
Chambers suggerisce infine una ibridazione delle tre possibilità, arrivando a definirne una quarta, chiamata “spin-in“. Una fetta generosa di persone vegono scorporate dalla main company ed inizia a pensare come in una startup. Ovviamente con un modello di remunerazione legato ai risultati. Quando il progetto è concluso, il gruppone viene riassorbito nella company, per accelerare l’introduzione del cambiamento all’interno.
Disruptive innovation GLocal
Da non sottovalutare l’importanza di un audit worldwide. Spesso la presenza di una disruptive innovation si manifesta prima in certi luoghi, per poi diffondersi su tutto il pianeta in un secondo momento. Un esempio celebre è quello di Microsoft, che ha palesemente fallito la market transition di internet anche perché (lo ammette lo stesso Gates) ubicata a Seattle anziché in Silicon Valley.
Chiudo l’articolo con una nota di Italianità. Due dei più significativi personaggi Cisco, Mario Mazzola e Luca Cafiero che più volte hanno contribuito alla disruptive innovation dell’azienda, provengono dal contesto culturale Italiano degli anni 70 cresciuto intorno alla scuola Olivetti. Quando avremmo bisogno di ripetere quegli exploit!